mercoledì 27 agosto 2008

Capitolo XIV, Il Re di Spagna

Questo capitolo non è l'ultimo della storia di come accadde che divenni Re di Spagna: però ideologicamente è l'ultimo, è la ciliegina che vi riservavo per la fine. Perchè scriverlo ora? Le ragioni sono molte, la più importante è che non sono costante nel mio scrivere sul blog, e questo mi porta a scrivere solo le cose di cui ho voglia, nei periodi in cui mi sento di scriverle: oggi mi sento di spiegarvi perchè accadde che divenni Re di Spagna, il finale non sarà così alla grande, ora che me lo rovino, ma forse la storia vi sarà più gradita, alla fine ho sempre detto che è la strada che fa la differenza e non la mèta (anche una tastiera con i tasti meno bloccati non sarebbe da poco comunque).

Le necessità narrative a questo punto richiedono un flashback (ora dovreste esclamare tutti in coro: "WWOOOOOOOWW, un flashback, che originale!").

Ero arrivato in Spagna da poche ore, forse un giorno, forse 4/5 ore... il viaggio con Nico era stato bellissimo, non avevamo fatto niente di speciale se non essere noi, e questo l'aveva reso già memorabile (come vi ho raccontato); eravamo elettrizzati e pieni di aspettative, sognavamo ragazze stupende, spiagge calde dove dormire la notte, birre fresche e risate di amici di una vita e appena conosciuti sempre nelle orecchie, eravamo finalmente NOI in un altro posto, differente da casa nostra (Italia, intendo), dove lasciavamo molto, ma non potevamo più svilupparci dove desideravamo. Erano i primordi di quella che è stata una esperienza grandissima nella mia vita, di giorni terribilmente belli ed altri abbastanza duri. Ricordo ancora il profumo pessimo di vernice che aveva Barcelona, il girare per bar e le chiacchierate con Nico, l'MP3 che mi regalo per compleanno, i primi amici spagnoli, i primi compagni di piso (la nostra familia), le decisioni prese costantemente sull'andare o restare, sul che cosa fare, il timore per il futuro che ancora oggi mi fa tremare lo stomaco (nei giorni brutti, in quelli belli si tratta solo di colite). Feste nelle terrazze, barbecue nei cortili, ballare sopra i tavolini di qualche casa di amici, e a volte conoscere una ragazza che più o meno delicatamente e felicemente poi si trova a passare per la tua vita una notte, un mese, una stagione... mi mancava questa parte di vita: non ne sentivo la mancanza, ma in questo ero carente: scoprirla e riempircisi è stato ricchissimo (mi rendo conto che il mio vocabolario è peggiorato molto nella scelta dei termini da utilizzare, purtroppo mentre scrivo mi rendo conto che non c'è più un idioma nè un sistema di pensiero a fare da padrone).

Poi dopo questo periodo ne sono arrivati altri, e altri cambi di personalità conseguenti: piano piano potevo esprimere concetti più profondi con lo spagnolo, cominciavo ad avere relazioni di natura differente, il lavoro andava migliorando, cambiavano le persone in casa... di fatto la mia vita veniva ristrutturata più o meno con la stessa frequenza con cui mettevo a posto la mia stanza (a dire: una volta ogni 3 mesi).

Tutto questo mi era chiaro, in quelle 4/5 ore, forse un giorno, che avevo visto Barcelona, lo leggevo dentro di me, e ne trovavo la conferma dentro di Nico. Quando presi la decisione a riguardo del nome di questo racconto c'era Anto, era sdraiato nel suo letto, accanto a me (non avevamo fato sesso, maliziosi!!! ...è ora di sfatare il presunto mito della mia omosessualità, io non sono nè omo nè etero, nè bi, sono autosessuale: mi piaccio e faccio regolarmente sesso con me stesso regalandomi delle belle soddisfazioni di coppia, a volte mi tradisco anche per tenere più accesa la fiamma; mamma, papà, perdonatemi!) Anto mi aveva chiesto di parlargli del mio ultimo anno di vita; quello in cui mi ero lasciato con Francesca, in cui i miei si erano separati, in cui avevo deciso che non avrei lavorato come psicologo in un ospedale... e molte altre amenità che lo rendevano di fatto un anno interessante. Ne parlammo e lui, commosso, alla fine mi disse che si sentiva colpevole per non essermi stato vicino: sempre si dicono queste cose tra amici, sempre ci si lamenta che non ci si può stare vicino, lo sapevamo, così va la vita: solo si chiedeva se magari avesse potuto fare di più per me, e io intendevo la spontaneità di quello che si stava chiedendo.

Beh, e io a cosa pensavo? Io pensavo che era stata una vita bellissima fino a quel punto, che la gente che avevo lasciato in Italia ed i problemi che avevo affrontato col tempo erano comunque un aspetto bellissimo di uno stile di vita che avevo scelto, che avevo vissuto bene fino in fondo, e che avrei ripercorso senza dubbio: avrei ripercorso sì, ma non sarei tornato indietro. Io andavo avanti, andavo verso "i bagni nudi nelle spiagge", "i pic nic al parco", le birre, gli amici.... ve l'ho già spiegato non me lo fare ripetere, cosa credete che faccia digressioni a caso? In genere sì, però oggi le mie digressioni devono portare tutte allo stesso punto.
E il punto era là, su quel letto stretto (Anto aveva cercato di farmelo passare per un lusso dicendo; questo letto è a una piazza e mezzo perchè a me e a Ida ci piace fare l'amore bene...): dissi ad Anto che non avrebbe potuto fare niente, niente di più di quello che già rappresentava la sua amicizia per me, anche in quella situazione; non avevo avuto davvero bisogno di aiuto disperatamente, tutto sommato avevo vissuto con le spalle robuste, e come volevo, un'esperienza bella e ora solo avevo voglia di costruirmene altre.

E fu così che Anto mi cantò una canzone messicana che si chiama El Rey:

Yo se bien que estoy afuera
Pero el dia que yo me muera
Se que tendras que llorar.
(Llorar y llorar, llorar y llorar)
Diras que no me quisistes
Pero vas a estar muy triste
Y asi te me vas a quedar.

Con dinero y sin dinero.
Yo hago siempre lo que quiero.
Y mi palabra es la ley.
No tengo trono ni reina.
Ni nadie que me comprenda.
Pero sigo siendo el rey.

Una piedra en el camino
Me enseno que mi destino.
Era rodar y rodar.
(Rodar y rodar, rodar y rodar)
Tambien me dijo un arriero
Que no hay que llegar primero
Pero hay que saber llegar.

Con dinero y sin dinero.
Yo hago siempre lo que quiero.
Y mi palabra es la ley.
No tengo trono ni reina.
Ni nadie que me comprenda.
Pero sigo siendo el rey.

Con i soldi o senza, facendomi una famiglia o senza, stando vicino a amici o perdendoli ogni giorno, giando, girando... avrei fatto quello che mi piaceva, e mi sarei comportato forse senza una continuità con il mio passato, ma solo con la mia personale voglia di vivere ogni secondo. Solo così si diventa re: di maniera differente, anche un re può diventare schiavo. Schiavo della sua vita, del suo essere re, e di tante altre cose.
Abbandonai là la mia vita passata, quel libro era finito, una storia bella e conclusa: ora era il tempo di raccontare come era successo che il vostro eroe era diventato "il Re" (di Spagna invece non ha un motivo così esistenziale, lo aggiunsi perchè è divertente, e perchè era in linea con la tappa successiva, quelle in cui sarei diventato "presidente del mondo"... seppur continuando ad essere il Re).