lunedì 8 dicembre 2008

Capitolo XIV , nulla si crea e nulla si distrugge... libero

Lettera aperta ai sudditi del Re di Spagna, loro suddito:

Se questo fosse un blog che si rispetta, aggiornato come si deve, e interessante al punto di meritare un critica letteraria, non avrei bisogno di spiegare perchè torniamo al capitolo XIV... almeno non nell'introduzione: ma lo farò. Si torna indietro ragazzi. O meglio. si va avanti, si rimane sullo stesso posto, sullo stesso capitolo e si torna indietro, tutte e tre le cose contemporaneamente: amo il paradosso della vita. Così a volte mi sento io: mi chiedo se un esperienza mi farà andare avanti, mi farà tornare su false convinzioni, me ne darà di più valide, se cambierò e se sia giusto che cambi.

Sono in camera mia. Mi sono appena rollato una canna. L'ennesima ultima canna della mia vita di cannaiolo, quelle dopo saranno solo le canne occasionali. Anche stavolta sono determinato a spostare il thc lontano dal mio abituale metabolismo. Stavolta lo farò.

Ho cambiato stile di vita per il mio lavoro. Lo adoro il mio lavoro. Il mio capo è una persona in gambissima, le colleghe sono ragazze eccezionali. Il lavoro interessante. Qui posso fermarmi a crescere. L'avevo detto anche quando ho scelto Fra come partner, e la psicologia come interesse. L'ho fatto, sono cresciuto. Dopo quegli anni, quando c'è stata la crisi famigliare, con Fra e con la psicologia: mi sono ritrovato un uomo e ancora meglio: umano. Forte per la prima volta come un uomo. Ho accettato la debolezza delle cose e la mia, e ne è venuto fuori un quadro ancora più stupendo. HO AMATO ancora di più la mia famiglia, la psicologia, Fra, ho un rapporto stupendo onesto e aperto con loro: sono distante da tutto questo ora. Sono in un altro capitolo della mia vita ma tutti gli elementi che hanno composto il libro sono ancora con me, mi amano e li amo. grazie.

Andrea si conosce, e conosce l'umano, la tentazione di ricadere, lo scivolare verso stati di energia potenziale inferiore è sempre forte è costante in noi, tendiamo all'inerzia, alla semplicità della pratica, alla routine. Anche la persona più attiva, ha la morte dentro, ha la poltrona e il telecomando che gli susurrano nell'orecchio. Per questo mi sono iscritto di nuovo al kung-fu e mi sono segnato al volontariato. Se voglio spostare le mie abitudini devo cambiare ancora i miei schemi, la mia routine.
Il 2009 sarà un anno diverso ancora. Gli ultimi anni sono stati tutti diversi. Molto.

Penso alle persone che amo. Amo le persone. A voi che state leggendo vi amo anche di più (anche solo perchè lo leggete, eheh). Vi amo come mi ha detto "ti amo" Cristina mentre facevamo l'amore: ti amo nel senso che amo l'esperienza umana che mi stai regalando. Come me lo disse per la prima volta Fra. Come me lo dite voi quando mi cercate per un'opinione o un consiglio, ma soprattutto per avere un po' di forza.

Tra queste persone ce ne sono diverse di cui avrei bisogno in questo momenti di cambio. Ce n'è una che mi suscita una forte curiosità avere qua. Nicola. Perchè?
Perchè io sono un viaggiatore, io mi sento un viaggiatore ora, prima del cambio. E Nico è il viaggiatore. Me lo ricordo così il mio grande fratello, fino da quando aveva 2 anni: tutti camminavano insieme e lui se ne stava 10 metri avanti o dietro, godendosi da solo il paesaggio. Nico va per la sua vita come un viaggio, guardando le persone, le cose e i posti e meravigliandosi della loro bellezza. E il suo stupore genera un sorriso a tutti e gli vogliono un bene enorme. Nico potrebbe confermarmi se, nel cambio che sto facendo, rimane quello spirito buono del viaggiatore che ho imparato vivendo con lui e che voglio portarmi dietro per tutta la vita. Poco tempo fa ho letto le sue carte, che aveva lasciato qua a Barcellona, mentre stavo ordinando i miei e i suoi documenti. Quanti ricordi, e quanto mi sono servite a capire ancora meglio gli ultimi anni dal suo punto di vista. Pochi giorni dopo in lacrime gli ho inviato un messaggio che diceva: "Pensavo alla vita che abbiamo fatto l'ultimo anno con te Nico. Sei una persona stupenda. Ce ne vorrebbero di più al mondo come te fratello!".
Nico non ha risposto. Ma dopo un paio di giorni mi ha chiamato per sapere come stavo. ...
Un'altra sera parlando gli ho detto: Se un giorno mi capiterà per errore di avere figli, due settimane all'anno le passerranno solo con te. E lui: Solo due settimane, merdocco? E io: Coglione, due settimane SOLO con te, poi li vedi quando ti pare. ... Le mie classiche discussioni con Nico, mi mancano.

In questo periodo di cambio me la sto spassando. Mi guardo crescere e faccio collegamenti con il mio passato e il mio futuro. A volte mi vengono delle preoccupazioni. Lo ammetto. Ma non pensate che questo mi turbi. A chi non fa bene piangere ogni tanto. E poi quando non si fa all'amore da mesi il nostro io s'indebolisce un poco. Mannaggia (l'ho detto, ho parlato del sesso, lo so che vi aspettavate di sentirlo). Ma non mi do mai per vinto. Lo sapete.

Da poco hanno scoperto che il thc rende alcune forme di ratti più intelligenti. Non l'ho letto in fonti sicure. Me ne hanno parlato, ma ci credo. Ho amato le droghe per una precisa ragione: inserire neurotrasmettitori nel mio cervello mi ha dato una visione differente delle cose. Ne ho pagato il costo. Gli abusi significano questo: pagare il costo di queste esperienze differenti diventandone schiavi e rovinandocisi il fisico.
Per questo smettero il thc e il tabacco come abusi.
Fra, anche, mi ha consigliato di ridurre il thc. Lo fanno in molti, ma lei ha fatto delle osservazioni sulle modifche della mia personalità che sono state convincenti. Ad ogni modo ero già convinto. Solo che, più motivazione si ha meglio è.

Molti di quanti mi conoscono pensano che io sia ancora innamorato di Fra, altri che mi hanno visto con Cristina pensano che l'ho vissuta come se fosse una mia fidanzata. La verità è che noi amiamo nelle forme che sappiamo amare. La mia persona è difficile da amare, per mia scelta io rappresento lo scherzo che reputo sia la vita: non ce la faccio a non amare quelli che sanno andare oltre.
La gente che non capisce la mia relazione con le pesone importanti per la mia vita, difficilmente può capire me: io non do alle persone una classificazione secondo le posizioni che socialmente dovrebbero occupare per me -questo è il mio amico: la nostra relazione signifca questo -questa è la mia ex: la nostra relazione deve essere così -questa è una che mi scopo quando non sta con il fidanzato: la nostra relazione sarà di quel tipo.
Io mi lego alle persone, non le imbriglio con un nome per legarmi a loro, mi lego a loro con il mio destino... perchè voglio vedere dove mi portano le persone e non i nomi. Per questo sono stato capace di vedere Nico come un amico e come un fratello e come entrambe le cose, e così Anto, Marco, Fra, Roby, Cristina... che sono quelli che in questo periodo sento più spesso, ma siete in tanti. Sono un anello in una rete di gente meravigliosa intorno. Anche se... avete i vostri cazzutissimi difetti, ammettetelo, ve li perdono.

Prego.

Comunque: per la stessa ragione di cui sopra, oltre al fatto di avere la camminata a papera, mi dicono che sono gay. Quindi la stessa risposta la copiamo e incolliamo. La mia sessualità la vivo e la sbandiero anche, ma evito di dargli un nome, evito di marcarla nelle tristi forme sociali che usano i "maschietti" per non sembrare "femminucce"; tanto più che le "femminucce" ce le stanno copiando e rendendo sterili già da tempo, nel caso non ve ne foste accorti... Non sono gay, mi dispiace, perchè avrei avuto successo, ma se privandomi di tutti i retaggi culturali continuo a sentirmi attratto per le donne, ammetto di essere etero, e dico lo ammetto perchè non me ne vanto affatto. Molte donne sono esseri superficialmente crudeli.

Gli uomini invece sono superficiali e basta. Ma ora basta con la demagogia sessista spicciola: non lasciamo cadere il tono del discorso.

Sono qui per uno scopo preciso: mi sono guardato parecchio in questi giorni, ho visto che mi prendo sempre per il culo da solo e aiuto gli altri a farlo da una vita. Ho deciso di provare ad essere leggermente più serio quindi. Ma poco, non preoccupatevi. Basta dialetto, basta usi e costumi penalizzanti (vedi gli argomenti di cui sopra), rimarrà in parte il prendersi poco sul serio come elemento della mia personalità, ma stavolta si cresce. Ho il coraggio di annunciarlo qua. E ancora una volta potreste credere che sia il mio solito discorso svarionato come ne avete sentiti molti. Vedremo.

mercoledì 27 agosto 2008

Capitolo XIV, Il Re di Spagna

Questo capitolo non è l'ultimo della storia di come accadde che divenni Re di Spagna: però ideologicamente è l'ultimo, è la ciliegina che vi riservavo per la fine. Perchè scriverlo ora? Le ragioni sono molte, la più importante è che non sono costante nel mio scrivere sul blog, e questo mi porta a scrivere solo le cose di cui ho voglia, nei periodi in cui mi sento di scriverle: oggi mi sento di spiegarvi perchè accadde che divenni Re di Spagna, il finale non sarà così alla grande, ora che me lo rovino, ma forse la storia vi sarà più gradita, alla fine ho sempre detto che è la strada che fa la differenza e non la mèta (anche una tastiera con i tasti meno bloccati non sarebbe da poco comunque).

Le necessità narrative a questo punto richiedono un flashback (ora dovreste esclamare tutti in coro: "WWOOOOOOOWW, un flashback, che originale!").

Ero arrivato in Spagna da poche ore, forse un giorno, forse 4/5 ore... il viaggio con Nico era stato bellissimo, non avevamo fatto niente di speciale se non essere noi, e questo l'aveva reso già memorabile (come vi ho raccontato); eravamo elettrizzati e pieni di aspettative, sognavamo ragazze stupende, spiagge calde dove dormire la notte, birre fresche e risate di amici di una vita e appena conosciuti sempre nelle orecchie, eravamo finalmente NOI in un altro posto, differente da casa nostra (Italia, intendo), dove lasciavamo molto, ma non potevamo più svilupparci dove desideravamo. Erano i primordi di quella che è stata una esperienza grandissima nella mia vita, di giorni terribilmente belli ed altri abbastanza duri. Ricordo ancora il profumo pessimo di vernice che aveva Barcelona, il girare per bar e le chiacchierate con Nico, l'MP3 che mi regalo per compleanno, i primi amici spagnoli, i primi compagni di piso (la nostra familia), le decisioni prese costantemente sull'andare o restare, sul che cosa fare, il timore per il futuro che ancora oggi mi fa tremare lo stomaco (nei giorni brutti, in quelli belli si tratta solo di colite). Feste nelle terrazze, barbecue nei cortili, ballare sopra i tavolini di qualche casa di amici, e a volte conoscere una ragazza che più o meno delicatamente e felicemente poi si trova a passare per la tua vita una notte, un mese, una stagione... mi mancava questa parte di vita: non ne sentivo la mancanza, ma in questo ero carente: scoprirla e riempircisi è stato ricchissimo (mi rendo conto che il mio vocabolario è peggiorato molto nella scelta dei termini da utilizzare, purtroppo mentre scrivo mi rendo conto che non c'è più un idioma nè un sistema di pensiero a fare da padrone).

Poi dopo questo periodo ne sono arrivati altri, e altri cambi di personalità conseguenti: piano piano potevo esprimere concetti più profondi con lo spagnolo, cominciavo ad avere relazioni di natura differente, il lavoro andava migliorando, cambiavano le persone in casa... di fatto la mia vita veniva ristrutturata più o meno con la stessa frequenza con cui mettevo a posto la mia stanza (a dire: una volta ogni 3 mesi).

Tutto questo mi era chiaro, in quelle 4/5 ore, forse un giorno, che avevo visto Barcelona, lo leggevo dentro di me, e ne trovavo la conferma dentro di Nico. Quando presi la decisione a riguardo del nome di questo racconto c'era Anto, era sdraiato nel suo letto, accanto a me (non avevamo fato sesso, maliziosi!!! ...è ora di sfatare il presunto mito della mia omosessualità, io non sono nè omo nè etero, nè bi, sono autosessuale: mi piaccio e faccio regolarmente sesso con me stesso regalandomi delle belle soddisfazioni di coppia, a volte mi tradisco anche per tenere più accesa la fiamma; mamma, papà, perdonatemi!) Anto mi aveva chiesto di parlargli del mio ultimo anno di vita; quello in cui mi ero lasciato con Francesca, in cui i miei si erano separati, in cui avevo deciso che non avrei lavorato come psicologo in un ospedale... e molte altre amenità che lo rendevano di fatto un anno interessante. Ne parlammo e lui, commosso, alla fine mi disse che si sentiva colpevole per non essermi stato vicino: sempre si dicono queste cose tra amici, sempre ci si lamenta che non ci si può stare vicino, lo sapevamo, così va la vita: solo si chiedeva se magari avesse potuto fare di più per me, e io intendevo la spontaneità di quello che si stava chiedendo.

Beh, e io a cosa pensavo? Io pensavo che era stata una vita bellissima fino a quel punto, che la gente che avevo lasciato in Italia ed i problemi che avevo affrontato col tempo erano comunque un aspetto bellissimo di uno stile di vita che avevo scelto, che avevo vissuto bene fino in fondo, e che avrei ripercorso senza dubbio: avrei ripercorso sì, ma non sarei tornato indietro. Io andavo avanti, andavo verso "i bagni nudi nelle spiagge", "i pic nic al parco", le birre, gli amici.... ve l'ho già spiegato non me lo fare ripetere, cosa credete che faccia digressioni a caso? In genere sì, però oggi le mie digressioni devono portare tutte allo stesso punto.
E il punto era là, su quel letto stretto (Anto aveva cercato di farmelo passare per un lusso dicendo; questo letto è a una piazza e mezzo perchè a me e a Ida ci piace fare l'amore bene...): dissi ad Anto che non avrebbe potuto fare niente, niente di più di quello che già rappresentava la sua amicizia per me, anche in quella situazione; non avevo avuto davvero bisogno di aiuto disperatamente, tutto sommato avevo vissuto con le spalle robuste, e come volevo, un'esperienza bella e ora solo avevo voglia di costruirmene altre.

E fu così che Anto mi cantò una canzone messicana che si chiama El Rey:

Yo se bien que estoy afuera
Pero el dia que yo me muera
Se que tendras que llorar.
(Llorar y llorar, llorar y llorar)
Diras que no me quisistes
Pero vas a estar muy triste
Y asi te me vas a quedar.

Con dinero y sin dinero.
Yo hago siempre lo que quiero.
Y mi palabra es la ley.
No tengo trono ni reina.
Ni nadie que me comprenda.
Pero sigo siendo el rey.

Una piedra en el camino
Me enseno que mi destino.
Era rodar y rodar.
(Rodar y rodar, rodar y rodar)
Tambien me dijo un arriero
Que no hay que llegar primero
Pero hay que saber llegar.

Con dinero y sin dinero.
Yo hago siempre lo que quiero.
Y mi palabra es la ley.
No tengo trono ni reina.
Ni nadie que me comprenda.
Pero sigo siendo el rey.

Con i soldi o senza, facendomi una famiglia o senza, stando vicino a amici o perdendoli ogni giorno, giando, girando... avrei fatto quello che mi piaceva, e mi sarei comportato forse senza una continuità con il mio passato, ma solo con la mia personale voglia di vivere ogni secondo. Solo così si diventa re: di maniera differente, anche un re può diventare schiavo. Schiavo della sua vita, del suo essere re, e di tante altre cose.
Abbandonai là la mia vita passata, quel libro era finito, una storia bella e conclusa: ora era il tempo di raccontare come era successo che il vostro eroe era diventato "il Re" (di Spagna invece non ha un motivo così esistenziale, lo aggiunsi perchè è divertente, e perchè era in linea con la tappa successiva, quelle in cui sarei diventato "presidente del mondo"... seppur continuando ad essere il Re).

venerdì 11 aprile 2008

Fine Primi Tempi - Pausa

Quando iniziai questo blog avevo l'ambizione di raccontare una minibiografia divertente di quello che sarebbe accaduto nel viaggio, il VIaggio (con la V talmente maiuscola che contagiava anche la I) della mia vita, con un mondo nuovo davanti, un fratello che provava le mie stesse cose e una moto sotto al culo.
In effetti è accaduto molto di quello che ci aspettavamo, ma non come ce lo aspettavamo, e tante cose rileggendo queste pagine, sono riaste non dette, tanti propositi di raccontarvi e di fare sono rimasti solo propositi.
Ho riso e ho pianto qua a Barcelona, e ho vissuto una vita precaria. Questa non è una vita precaria, dice il mio amico Mosto, di cui non riveleremo l'identità per creare ulteriori suspance in questo blog. Ti sbagli. Se per vita precaria intendiamo non avere soldi e dormire per strada, sì, allora la mia non è una vita precaria, perchè ho una famiglia che mi aiuta, anzi ne ho più di una (solo qua a Barcelona molti amici si sono proposti di aiutarmi se mi fossi trovato in qualsiasi difficoltà); non lo è perchè ho una carta di credito con ancora 500 euro tutte mie, guadagnate risolvendo problemi sulle stampanti; non lo è perchè ho un letto, una casa e diverse lattine di tonno nel mio armadietto che mi servono come scorta personale in caso di carestia o emergenze atomiche.
Ma dal mio punto di vista è una vita precaria perchè non ha un futuro, nel senso che, dati i presupposti narrati in precedenza, da qui a due mesi la mia vita dovrà cambiare. Precaria in quel senso. Non gioco a fare l'hippie per strada, amici, e uso il nome "precario" come qualcuno usa i rasta per vantare una filosofia di vita naturale che di naturale ha poco.
Uso il termine "precario" intendendo perfettamente che da qui a poco tempo le cose saranno necessariamente diverse.
I semi del cambiamento ci sono già, sembrerebbe che abbia trovato un nuovo lavoro; un lavoro che mi porterà a tornare spesso in Italia, a risiedere in Spagna e con un po' di fortuna anche molte altre cose. Ma questo lo racconteremo in seguito, prima vediamo come butta...
A Maggio e a Giugno, se tutto va bene, sarò in Italia per buona parte del tempo e forse potrò raccontarlo meglio.

Sono in pausa. Vado a delle feste, incontro ragazze non sempre divertenti, molto spesso immature. A volte faccio sesso anche se a voi non fa piacere saperlo, perchè pensare a me che faccio sesso è un po' come pensare al sesso degli angeli (non che sia un angelo, semplicemente uno a cui si associa difficilmente il concetto di gran conquistatore - vi stupireste a vedere quanto facilmente me lo assegnano certe persone qua). Ho capito che per fare colpo sulle ragazze devo stare più zitto, questo mi evita di dire le mie classiche cazzate sdrammatizzanti quando mi sento in imbarazzo, e mi conferisce anche un aria più interessante (grazie alla genetica ho ricevuto una faccia che è sicuramente più interessante dei miei discorsi, ho forse dovrei dire: per colpa della cultura ho ricevuto una faccia più interessante dei miei discorsi).

Domani vado a un concerto di Ligabue con un amico. Oltre alla voglia di fare due chiacchiere con il mio amico, il pensiero va al fatto che tolto l'affitto dovrò arrivare a fine mese con 100 euro, e tutto questo per colpa di Ligabue.

Nico non sta ottimamente, in fede mia credo che dovrebbe tornare ancora un po' qua. È andato troppo presto in Portogallo. Non era tempo per fermarsi, ma non era nemmeno tempo per ripartire. Almeno secondo me. Il suo problema principale è il cane (gli richiede tempo come un figlio e lui non ha abbastanza risorse per gestirsi tutto il casino di vivere fuori solo, senza parlare la lingua, senza poter trovare un lavoro ben pagato, e i vari problemi) ma non lo ammetterà mai fino in fondo - del resto Chula è bellissima. Qua in casa tutti gli vogliono bene (a Nico, intendo) e si chiedono sempre cosa sta facendo. Una costante per chiunque lo abbia conosciuto, che condivido in pieno.

Io ho tanto tempo libero, e come tutte le cose, quando ne hai tante le sprechi.
Alle volte sono così impegnato a non fare niente che mi dimentico per giorni di riordinare la stanza, mi dimentico di mangiare, di fare la spesa (ricorro alle scatolette di tonno), la cosa buona e che mi dimentico anche di fumare.
Dimenticanze. All'inizio sono divertenti, poi ti danno fastidio, poi interessanti, alla fine anch'esse diventano noiose.

In tre settimane ho fatto almeno una decina di interviste di lavoro, alcuni li ho rifiutati subito, altri li ho tenuti in considerazione, alla fine me ne sono rimasti tre che mi piacevano, tra i quali ho deciso; mi è costato aspettare, ma ne è valsa la pena; la mia vita cambierà ancora:
vivrò a Barcellona, ma viaggierò molto e spesso tornerò anche in Italia tra i vari viaggi. Sono riuscito a conciliare quello che volevo con un lavoro che sembra presentare buone aspettative. Ho festeggiato con Pepe bevendo una birra in terrazza e parlando dei costumi sessuali della gente.
Ancora una volta i piccoli piaceri sono meglio dei grandi sogni.

Anto, dovremmo vederci più spesso. Non esiste cazzo che viviamo a 20 minuti e ci vediamo una volta ogni due settimane quando va bene. Ma non colpevolizziamo nessuno, tanto lo sappiamo tutti che la vita è così. Ci vuole impegno e energia per fare le cose. E non sempre ne disponiamo.

Vado a lavarmi i denti e a dormire, sarebbe anche ora. Domani arriva un ragazzo messicano nel piso, sarà nostro ospite per alcuni giorni. Ci saranno serate folli. Ma onestamente sono un po' fiacco fisicamente (dovrei fare qualche sport, magari il kung-fu) - anche uscire di festa, sono arrivato al punto, che mi sembra impegnativo.

S'io fossi fuoco, arderei il mondo. Ma sono mondo, e brucio.
(Non cercate di capire più di quanto meriti questa scarna frase retorica, l'ho messa là solo per rovesciare una citazione con un po' di pessimismo. Spero che questo non abbassi la vostra stima di me, non potrei dormire sereno questa notte.)
Sì, forse si è fatto tardi... vado...

lunedì 31 marzo 2008

Capitolo XIII, Aprile: dolce farsi del male (ontogenesi di una catastrofe).

Rileggo solo ora il post di tre giorni fa: niente di più scritto male ed allo stesso tempo predittivo era uscito dalle mie mani prima.
Mentre scrivevo quelle pagine, da un'altra parte, in un altra discoteca da quella dove sarei andato io, si consumava la fine della "storia affettiva" più lunga che avevo avuto a Barcellona. Niente di chè per carità: una ragazza molto carina per me e abbastanza in gamba, che avevo, ripetutamente e contro ogni mio principio, cornificato. Lei si era molto attaccata a me e io le avevo detto di non farlo, questo non bastava a condurmi forti sensi di colpa dopo ogni volta che le cedevo e ci rivedevamo. Quella sera avevo scritto che non sappiamo mai da dove arriva il cambiamento e molto spesso è dove non vorremmo cambiare. Dopo un paio di mesi in cui ci eravamo visti poco più di una decina di volte (e fatto dello stupendo sesso, anche se non il migliore in vita mia) finalmente lei in discoteca baciava un altro ragazzo. La cosa mi ha ferito nell'orgoglio, come potrebbe fare ad ogni essere umano che abbia il coraggio di ammetterlo; ma al di là di questo, di primo acchitto, sentivo di aver risolto un problema. Ora, se mai fosse continuata la nostra relazione, lei ne aveva inteso il carettere che gli volevo dare (ossia saltuari incontri dove si passa del bel tempo insieme facendo ogni sorta di attività benefiche).
Peccato che poco dopo questa sensazione finì; mi resi conto che ero stato ancora uno stupido, che probabilmente il fatto di apiccicarsi era un gioco che usava questa ragazza per vedere fino a che punto riusciva a trascinare dietro la sua idea di relazione un uomo forte e libero come le ero apparso io (anche se non lo sono). La ferita nell'orgoglio si stava lacerando.
Mi resi anche conto che sono uno psicologo e non avevo inteso niente ancora una volta di una persona. Che avevo fatto 7 mesi di storielle varie per finire sempre come il solito coglione sotto i soliti meccanismi. Che avevo fatto una storia di 7 anni e di dinamiche basiche di coppia miero scordato tutto. La ferita nell'orgoglio era una voraggine.
Per ultimo la devastante consapevolezza che la situazione si era generata per una mancanza di forza nelle mie posizioni e in quelle che mi consigliavano i miei carissimi amici che mi stavano vicino, non solo avevo mancato di forza, ma col tempo mi ero anche fatto aggiogare al punto da provare sensi di colpa quando mi prendevo i miei spazi.
La ferita nell'oroglio era letale. Mi ero comportato da innamorato senza esserlo e dicendo tutto il tempo di non esserlo, stavo soffrendo come un innamorato, ma la ragazza non mi aveva mai fatto innamorare (salvo in alcuni momenti durati 10-15 secondi).
L'orgoglio non esisteva più.

E così mi trovavo senza un lavoro e senza nessuna relazione ingarbugliata. Senza soldi. Senza Nico che mi dava un forte senso di famiglia e che non riuscivo a sentire da 2 settimane (CAZZO DI UN FRATELLO, non dico chiamare, almeno essere reperibile. Ma ormai tutti quelli che lo conoscono dicono la stessa frase: "Lo sai, Nico è così!". E ci capiamo tutti al volo).
Come sempre avevo delle risorse; per questo decisi di tagliarle: tagliai con tutte le ragazze che stavo sentendo. Tagliai con tutte le offerte di lavoro che avevo in sospevo.
Niente mi stava piacendo. Erano mesi che volevo tagliare col lavoro, con le ragazze, forse anche con Barcellona.
Ma per capirlo dovevo taliare col lavoro e con le ragazze prima. Grazie a un paio di cambiamenti repentini, e consguenti traumi per la mia struttura della personalità, finalmente ce l'avevo fatta.
Non ero stanco di Barcellona, ma non ero neanche più felice. Il giorno che se ne andò Karen, la nostra compañera Olandese, piangemmo e io sentii che questa città per la prima volta era mia; ci avevo pianto dentro, qualcosa ci era morto dentro (già era accaduto pochi giorni prima, con Joana e Lars, ma ora me ne davo conto pienamente). Ora sentivo di più: sentivo che questa città non mi stava offrendo niente per la prima volta.
Sì, avevo I MIEI MITICI COMPAGNI DI PISO, ANTO, amici, colleghi, robe varie... posti, cose... ma questo era "dato", di potenziale invece non ce ne vedevo più.
Non volevo lasciare la mia musa Barcellona, e le stavo lasciando ancora un paio di mesi di opportunità (come un amante che sa perdonare); nel mentre aspettavo il sole, la resurrezione del mio orgoglio tre giorni dopo, forte e ostinato come sempre, e cantavo, con il pensiero della mia cara Barcellona nella testa, una canzone che le dedicavo con tutto il mio animo ferito:

Quando ti ho vista arrivare
bella così come sei
non mi sembrava possibile che
tra tanta gente che tu ti accorgessi di me.
È stato come volare
qui dentro camera mia
come nel sonno più dentro di te
io ti conosco da sempre e ti amo da mai.
Fai finta di non lasciarmi mai anche se dovrà finire prima o poi
questa lunga storia d'amore
ora è già tardi ma è presto se tu te ne vai.
Fai finta che solo per noi due passerà il tempo ma non passerà
questa lunga storia d'amore
...
Ora è già tardi ma è presto se tu te ne vai
È troppo tardi ma è presto se tu te ne vai.

venerdì 28 marzo 2008

Capitolo XII, L'eterno ritorno...

Non ho mai compreso bene l'esigenza del ciclico e dell'eterno ritorno in filosofia; a mio avviso si basa su uno sfericentrismo inutile quando si parla di infinito (che senso ha trovare una forma nell'infinito se non quella infinitimente amorfica e ordinata degli infiniti infiniti di Cantor? ma mi rendo conto che questa parentesi sarà compresa solo da matematici che impazziranno prima dei 40 anni, come Cantor, quindi trascuratela). Diciamo molto semplicemente che i teorici dell'eterno ritorno, o della spirale, mi sono sempre sembrati degli enormi romantici che credono che le cose siano destinate a ripetersi semplicemente perchè "tutto scorre", senza intendere che il "tutto", "scorre", ma non scorre su qualcosa, scorre e basta.
Questa premessa filosofica, molto intricata e che vi sembrerà frutto di un cattivo viaggio sotto effetto di droghe, in realtà nasce da una cattiva condizione di vita. Per vedere il perchè, rimpiccioliamoci come Alberto Angela ed entriamo nel corpo umano del primo capitato, dopo, senza aver ancora una minima idea di dove ci troviamo e che stiamo facendo, ringrandiamoci come Alberto Angela e distruggiamo il corpo ospite; in fine leggiamo alcuni passi della fantastica avventura di come accadde che divenni Re di Spagna:

A quei tempi avevo lasciato il lavoro di superer(r)o(r)e delle stampanti . Un bel giorno, tornato a casa dopo l'ennesima incazzatura sul lavoro, mi ero reso conto che questo non era quello che io stavo attualmente cercando dalla mia vita, e che non avevo nemmeno intenzione di aspettare ulteriormente per ottimizare il mio futuro: non desideravo una carriera in una compagnia di attenzione al cliente, il mio obiettivo attuale era quello di fare piccole eterogenee esperienze che mi avrebbero arricchito nel presente, in vista di fermarmi un giorno, volevo appagare quanto più potevo della sete che avevo del mondo.
Così iniziai a cercare un nuovo lavoro e a vivere di alcune storie affettive più o meno ingarbugliate: c'era di nuovo eterogeneità nella mia esperienza ma non era più interessante come prima. Forse il fatto che Nico se ne era andato, forse che il sole di Aprile non prometteva poi così bene come prometteva a Gennaio.
I nuovi compagni di casa erano gente davvero super interessante, ma mi stavo rendendo conto che un giorno avrei dovuto salutarli, come avevo fatto con Joana, Lars, Kareen... Nico, e questo iniziava a pesarmi; avevo scelto una vita di cambiamenti rapidi e ora ne vedevo anche gli aspetti negativi, benchè non avevo intenzione di tornare alla vita dei cambiamenti lenti, quella vita italiana dove le cose si muovevano in un palcoscenico che conoscevo a memoria.
Come sempre i dubbi facevano da padroni: che lavoro scegliere, quanto fermarsi ancora a Barcellona; il punto era piuttosto semplice: Vuoi fare carriera in psicologia? Cercati un dottorato. Torna in Italia, parli tre lingue fluidamente e sei un dotato naturale di statistica e computer, oltre che psicologo, vuoi che non trovi un Lavoro del Cazzo? Vuoi una fidanzata? niente di più semplice, hai anche diverse opzioni per la prima e, forse, unica volta in vita tua. Vuoi continuare a viaggiare? i soldi che hai ti bastano per ripartire e sistemarti un attimo ovunque; a maggior ragione puoi raggiungere Nico e scoprire il Portogallo, oltre a continuare quel viaggio incantato che avevate deciso di intraprendere insieme.
Ma non so perchè, niente di tutte queste opzioni rispecchiava quello che stavo facendo nella vita: vivere precariamente a Barcelona, con poco entusiasmo nelle storie e nel lavoro, aspettando ancora di essere Re di Spagna. Stavo seguendo su un binario che non era contemplato in nessuna delle mie rotte, e sentivo che la benzina stava finendo. Speravo che l'arrivo dell'estate risvegliasse il mio corpo. Ci speravo sul serio. Nel frattempo avevo ridotto l'uso di cannabis e aumentato le ore di sonno, per rimettermi totalmente in forma mi mancanva solo il kung fu... ma ce l'avevo in piano (quindi non l'avrei fatto, ma mi accontentavo per ora).
E nel frattempo i filosofi nelle orecchie mi parlavano dell'eterno ritorno, dell'impossibilità concreta e reale di un cambiamento; che idiozia, noi, come coscienze storiche, siamo segmenti di infinito, abbastanza limitati anche: perchè avrei dovuto pensare che alla fine di tanto girare ero sempre rimasto lo stesso? Perchè pensare che i problemi ciclicamente si ripresentano da soli? Il fatto è che non si tratta di un ciclo. Il fatto è che io, da 27 anni, non avevo la minima idea di cosa avrei fatto il giorno dopo. Come quando ero partito dall'Italia, ma con meno speranza e più malinconia. Questo ero arrivato a essere, da questo punto partivo in quel momento, senza sapere dove mi sarei mosso. Coerente, consapevole.
Non esiste la necessità di un eterno ritorno: ogni cosa è in perenne mutamento e allo stesso tempo immobile, ma sotto due ottiche diverse. Come direbbe Guccini: son sempre lo stesso, sempre diverso.
Per questo in quel periodo non volevo scrivere nel Blog, perchè ero colmo di contenuti, ma sentivo che le fessure che si aprivano nei miei pensieri, verso gli altri, erano detatte dall'esigenza e non dall'estetica: come una sfera troppo carica di acqua che apre delle crepe dove la sua maglia di rete ha delle debolezze e non dove vorrebbe per far prendere al flusso di acqua il giusto corso. Non potevo ancora parlare agli altri, da una condizione in cui tutto cambiava rapidamente di significato giorno dopo giorno, a volte assumendo significati differenti, a volte tornando sugli stessi, ma non necessariamente: fanculo l'eterno ritorno, il nostro cervello finito non può rappresentare l'infinito e il circolo è il concetto che gli riesce meglio per farsene un immagine, ma non confondiamo l'infinito con il circolo.
Sapevo che sarei cambiato, che continuavo a cambiare molto velocemente e che molto spesso cambiavo in cose in cui non volevo e non cambiavo in cose in cui volevo cambiare. Per questo non credevo all'eterno ritorno.

giovedì 17 gennaio 2008

Fernando Pessoa, quando non c`è bisogno di aggiungere niente...

La Tabaccheria

Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo. Finestre della mia stanza,Della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è(E se sapessero chi è, cosa saprebbero?),Vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,Su di una via inaccessibile a tutti i pensieri,Reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,Con il mistero delle cose sotto alle pietre e agli esseri,Con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,Con il Destino che guida il carretto di tutto sulla strada di niente.Oggi sono vinto, come se sapessi la verità.Oggi sono lucido, come se stessi per morire,E non avessi altra fratellanza con le coseChe un commiato, e questa casa e questo lato della via diventasseroLa fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiataDa dentro la mia testa,E una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell'allontanamento.Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e creduto e dimenticato.Oggi sono diviso tra la lealtà che devoAlla Tabaccheria dall'altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,E alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.Sono fallito in tutto.Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.Dall'insegnamento che mi hanno impartito,Sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.Ma là ho incontrato solo erba e alberi,E quando c' era, la gente era uguale all'altra.Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!Genio? In questo momentoCentomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,E la storia non ne rivelerà, chissà? , nemmeno uno,Non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.No, non credo in me.In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?No, neppure in me...In quante mansarde e non-mansarde del mondoNon staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,S?, veramente alte, nobili e lucide -,E forse realizzabili,Non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?Il mondo è di chi nasce per conquistarloE non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,Anche se non ci abito;Sarò sempre quello che non è nato per questo;Sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;Sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,E ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,E sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.Credere in me? No, nè in niente.Che la Natura sparga sulla mia testa scottanteIl suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,E il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.Schiavi cardiaci delle stelle,Abbiamo conquistato tutto il mondo prima di levarci da letto;Ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,Ci siamo alzati ed esso è estraneo,Siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,Più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.(Mangia cioccolatini, piccina; Mangia cioccolatini !Guarda che non c'è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.Mangia, bambina sporca, mangia!Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,Butto tutto per terra, come ho buttato la vita.Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai saràLa calligrafia rapida di questi versi,Portico crollato sull'Impossibile.Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,Nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaraventoI panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,E resto in casa senza camicia.(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,Dea greca, concepita come una statua viva,O patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,O principessa di trovatori, gentilissima e colorita,O marchesa del Settecento, scollata e distante,O celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,O non so che di moderno - non capisco bene cosa -,Tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!Il mio cuore è un secchio svuotato.Come quelli che invocano spiriti invocano spiriti invocoMe stesso ma non trovo niente.Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,Vedo gli enti vivi vestiti che s'incrociano,Vedo i cani che anche loro esistono,E tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,E tutto questo è straniero, come ogni cosa.Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,E oggi non c'è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,E penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato, nè amato, nè creduto(Perchè si può creare la realtà di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);Magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la codaE che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.Ho fatto di me ciò che non ho saputo,E ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.Il domino che ho indossato era sbagliato.Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.Quando ho voluto togliermi la maschera,Era incollata alla faccia.Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio,Ero già invecchiato.Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.Ho gettato la maschera e dormito nel guardarobaCome un cane tollerato dai gestoriPerchè inoffensivoE scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.Essenza musicale dei miei versi inutili,Magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,E non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,Calpestando la coscienza di stare esistendo,Come un tappeto in cui un ubriaco inciampaO uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.Ma il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata ed è rimasto sulla porta.Lo guardo con il fastidio della testa piegata in malo modoE con il fastidio dell' anima che distingue male.Lui morirà ed io morirò.Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.Dopo un po' morirà la strada dov'era stata l'insegna,E la lingua in cui erano stati scritti i versi.Morirà poi il pianeta ruotante in cui è avvenuto tutto questo.In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla genteContinuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,Sempre una cosa di fronte all'altra,Sempre una cosa inutile quanto l'altra,Sempre l'impossibile, stupido come il reale,Sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,Sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè l'uno nè l'altra.Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),E la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.Mi rialzo energico, convinto, umano,Con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.Accendo una sigaretta mentre penso di scriverliE assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,E mi godo, in un momento sensitivo e competenteLa liberazione da tutte le speculazioniE la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti.Poi mi allungo sulla sediaE continuo a fumare.Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.(Se sposassi la figlia della mia lavandaiaMagari sarei felice.)Considerato questo, mi alzo dalla sedia.Vado alla finestra.L'uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.(Il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves! , e l'universoMi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso.

sabato 12 gennaio 2008

Capitolo XI, Oh partigiano, portami via...

Anche questa mattina mi sono svegliato, con questo sole stupendo di Aprile che tre mesi prima viene a benedire la mia esistenza ed i miei ormomi primaverili qui, in Barcelona... tre mesi prima, forse tra tre mesi non ci sarà un sole così bello, forse, qua a Barcellona, non ci sarò io.
Avrei voluto trovare L'Invasor questa mattina, al mio risveglio, ma trovo sempre e solo i miei pensieri puntuali... e io per ripicca, como que sono un anarchico e un palloso, li incollo qua, li esorcizzo in questo blog che, ora come ora, diventa un mettere le mani avanti.
Penso a Febbraio, il mese in cui non avremo più in casa Joana, Lars e Karen, tre persone con cui ho diviso tantissimo in questi mesi; penso al dottorato di psicologia che si riproporrà a breve qua in Spagna e poi in Italia; penso ai mille dottorati di Psicologia in giro per il mondo; penso al lavoro come psicologo che dovrei iniziare a cercarmi , ma non so se qua, in Italia o dove sia; penso al lavoro che ho ora, ai problemi e ai pregi, ben distribuiti.
Penso a Marzo al mese che in cui Nico forse se ne andà in Portogallo da Joana, alla voglia di continuare a visitare tutta la Spagna, alla voglia uguale di fermarmi qua in Barcellona e a quella di tornare a casa e stare vicino ai miei cari; penso che non so mai decidermi tra tre opportunità altrettanto importanti: tornare, restare, partire ancora -- nel luogo dove vivere come nel mio atteggiamento verso il lavoro, l'amore, la mia personalità, i miei ideali e abitudini (fermarsi così, cambiare, tornare ad essere quello di una volta).
Penso che voglio visitare tutta la Spagna, sì, ma anche il Portogallo, la Francia, l'Irlanda, l'Olanda, la Germania, la Norvegia, l'Europa dell'Est, la Russia... e poi la Cina, il Giappone, il Canada, il Messico... e questo solo perchè ho incontrato gente meravigliosa di questi posti (in genere) e che mi ha incuriosito sul luogo dove vivono, o perchè sarebbe interessante vivere là.
E nessuno di questi pensieri si riesce ad incastrare con gli altri; nessuna di queste vite, alle estreme conseguenze riesce a realizzare le altre, almeno in teoria.
Penso alla prossima estate in Italia, dove dovremmo incontrarci, a casa mia, da tutte le parti del mondo. Penso che l'estate è anche il momento migliore per viaggiare e chei soldi non sono moltissimi. Penso all'estate qua a Barcellona, che si annuncia stupenda come quella appena passata; alle feste nei terrazzi, ai barbecue, ai picnic nei parchi e alle discoteche. Penso alla faccia di Nico quando in metropolitana, tra le variopinte turiste mezze nude di Barcellona, abbiamo deciso di fermarci qua: avevo in testa un idea chiara, non sarei diventato psicologo se a questo non mi avrebbe portato la mia vita. Basta voler diventare qualcosa, mi stavo facendo imprigionare dal mio passato e avevo davanti un futuro fatto di sfaccettate possibilità, di incontri, di crescita, se avessi solo pensato al diventare psicologo la scelta era ovvia: tonrare a casa e non perdere tempo, perchè in questo caso, se la strada l'abbiamo già scelta, ogni deviazione è una perdita di tempo. E capii che io la strada non l'avevo già scelta, e stavo camminando per conoscere le strade.

Poi mi alzo, verso un po' di latte nei cereali e mangio, così riprende una giornata tanto stereotipata quanto tristemente precaria (una quotidianità illusoria e che durerà poco); ma ogni tanto mi fermo a pensare: e penso ad Aprile... allo stupendo sole di Aprile che stamattina è venuto a salutarmi e a benedire queste giornate in Barcelona.

mercoledì 9 gennaio 2008

Cabron Espiatorio, un post che non merita di essere scritto...

Avevo già pronto il delizioso capitolo XI di questo blog, si chiamava "oh Partigiano, portami via..." e raccontava, come sempre, di cose interessentassime (per il 99% inventate) (scherzo, scherzo, scherzo, vi prego non credeteci, vi prego, sono tutte vere!!!) accadute al fiero Cavaliere dalla Triste Responsabilità di Dittatore di Spagna (del mondo, forse) ed al suo prode scudiero, nonchè fratello, Gangia Puzza. (Forse i rimandi a Cervantes sono troppo difficili da cogliere, quindi lo cito esplicitamente, ok?)
Fatto sta che il capitolo XI dovrà attendere un po' perchè, mentre me ne andavo a fare la scheda medica (STO MALE, SOFFRO, NESSUNO MI AIUTA; POTREI ANCHE MORIRE --- SENTITEVI IN COLPA PIÙ DI QUANTO IO MI DEBBA SENTIRE IPOCONDRIACO) e ripensavo alle parti da inserire, mi sono ricordato un episodio che mi ha fortemente idignato quando stavo in Italia di cui voglio parlare.
L'ultima sera che stavo in Italia, credo, circa 5 ore prima della mia partenza, ho scoperto per puro caso che un mio amico, i cui interventi su questo blog mi fanno sempre un piacere ENORME, è stato criticato proprio per uno di questi commenti: più precisamente riguardo al fatto che si menzionavano le abitudini sbagliate, in quanto a droghe, di un altro nostro amico.
Vorrei dire due parole a proposito (e sappiate che quando inizio con "Vorrei dire due parole a proposito..." vuol dire che sono pronto a sfasciarvi le gambe...):
Il fatto che il ragazzo in questione abbia avuto una crisi cardiaca o respiratoria, indotta da una dose sbagliata o tagliata male pochi giorni dopo il post, ha dato adito ad un comportamento collettivo tipico di un paese di ignoranti quale quello in cui (in queste occasioni) mi vergogno di dire che sono cresciuto. Subito si sono cercati capri espiatori: Mosto (usiamo questo soprannome per il rispetto sulla privacy) sarebbe colpevole di aver scritto sul blog che questo ragazzo era passato ad altri giri e ad altre sostanze (scritta, per altro accompagnata da un amaro "no comment" che rivela l'intelligenza di Mosto, che si astiene da commenti banali o semplicemente di sorta, per dimostrare soltanto la sua delusione per la cosa); un altro amico (qui la privacy ci vuole) che non usa minimamente questa droga (che si chiama EROINA, non confondiamola con COCAINA, ECSTASY, ACIDI, CANNABIS o anche solo FARINA per assonanza) secondo autorevoli ed illuminate menti Montoresi gli avrebbe procurato la dose --- quando si sa benissimo che probabilmente se la procurava a Filottrano e con poca immaginazione si arriva a capire anche da chi...
Io penso che a M. non sia capitato niente irrimediabile, cinicamente parlando potrebbe anche essere una fortuna: aveva preso delle abitudini sbagliate, fin troppo facili da prendere quando la realtà di tutti i giorni è quella del lavoro, e di un paese ignorante, ingrato e con ragazze fredde come l'Italia e Montoro in particolare. Non esistono alternative sociali, non esistono esperienze forti, quali esperienze ti si aprono quando hai adottato un certo stile di vita? L'imprenditoria? Giusto quella. Allora mi drogherei anche io. La verità, cari montoresi seduti al bar a giocare a trucco, è che è fin troppo facile criticare la vostra gioventù che si droga; isolare dei capri espiatori per fatti come questo poi, individuando i montoresi "a rischio" (capirai, Mosto non fuma nemmeno le sigarette) serve soltanto a dire "noi siamo diversi", "le cause sono queste...", "la dinamica è questa..", "gli amici questi...": quando capita qualcosa del genere, tutta questa foga a colpevolizzare serve solo per prendere le distanze, per pensare che a voi o ai vostri cari non possa capitare... senza dubitare neanche un momento che paesi come Montoro, Filottrano, Osimo, Jesi (addirittura conosciuto in Italia e nel mondo per la droga) siano così a rischio droga proprio per questa mentalità CONTADINA che ci portiamo dietro, che isola le persone, non sa portare tanti altri divertimenti e stili di vita migliori della droga (certo, a qualcuno già morto da un pezzo, dentro questa mentalità, può anche non interessare la qualità della vità).
M. ha avuto la possibilità, senza subire danni fisici, di imparare una lezione importante; e io gli aguro di tutto cuore di impararla, non sarà in discesa per lui, ma da ciclista quale è, giovane e pieno di energia, credo che qualche salita potrà permettersi di affrontarla.

Al contrario di come si fa in paese, dove si sta tutti zitti e poi quando succedono casini si inizia ad alzare la voce e a puntare il dito, io credo che le cose bisogna dirle; anche solo per formare la base di un esperienza autentica che come ancora di salvezza mi sembra più palusibile del fanatismo e dell'ignoranza (la caccia alle streghe l'abbiamo abbandonata nel '600, l'olocausto da 60 anni, ma la zocca dell'ignorante rimane sempre un po' duretta eh?).
Credo inoltre che invece di cercare colpevoli e creare barriere psicologiche tra noi e questi fatti a volte farebbe bene chiedersi quali, tra i sentimenti che la vita di tutti i giorni ci riserba, se portati all'esasperazione o in certe circostanze specifiche, potrebbero avere conseguenze simili: avremmo tutti delle morali meno arroganti, assolute e più umane - e visto che già le morali umane sono difficili da seguire, quelle dicotomiche del bianco e nero mi sembrano solo per i cori da stadio.

Ho cercato di essere discreto; a M. e alla famiglia va il mio affetto e comprensione.
Altrettanto ai miei amici criticati per motivi idioti e illogici (grazie a Dio, essendo gente intelligente non se la sono presa).
A chi volesse ancora cercare un capro espiatorio specifico, chiedo solo di prendere il biglietto e mettersi in coda, il mondo è pieno di imbecilli.

Un ultima cosa: critiche ai post del blog o ai commenti, andrebbero fatte, se non in primis, almeno di pari passo anche su questo blog; non tollero che uno spazio MIO venga utilizzato per attaccare, esclusivamente dal di fuori, chi ci scrive. Grazie.