giovedì 17 gennaio 2008

Fernando Pessoa, quando non c`è bisogno di aggiungere niente...

La Tabaccheria

Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo. Finestre della mia stanza,Della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è(E se sapessero chi è, cosa saprebbero?),Vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,Su di una via inaccessibile a tutti i pensieri,Reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,Con il mistero delle cose sotto alle pietre e agli esseri,Con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,Con il Destino che guida il carretto di tutto sulla strada di niente.Oggi sono vinto, come se sapessi la verità.Oggi sono lucido, come se stessi per morire,E non avessi altra fratellanza con le coseChe un commiato, e questa casa e questo lato della via diventasseroLa fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiataDa dentro la mia testa,E una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell'allontanamento.Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e creduto e dimenticato.Oggi sono diviso tra la lealtà che devoAlla Tabaccheria dall'altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,E alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.Sono fallito in tutto.Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.Dall'insegnamento che mi hanno impartito,Sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.Ma là ho incontrato solo erba e alberi,E quando c' era, la gente era uguale all'altra.Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!Genio? In questo momentoCentomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,E la storia non ne rivelerà, chissà? , nemmeno uno,Non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.No, non credo in me.In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?No, neppure in me...In quante mansarde e non-mansarde del mondoNon staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,S?, veramente alte, nobili e lucide -,E forse realizzabili,Non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?Il mondo è di chi nasce per conquistarloE non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,Anche se non ci abito;Sarò sempre quello che non è nato per questo;Sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;Sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,E ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,E sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.Credere in me? No, nè in niente.Che la Natura sparga sulla mia testa scottanteIl suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,E il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.Schiavi cardiaci delle stelle,Abbiamo conquistato tutto il mondo prima di levarci da letto;Ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,Ci siamo alzati ed esso è estraneo,Siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,Più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.(Mangia cioccolatini, piccina; Mangia cioccolatini !Guarda che non c'è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.Mangia, bambina sporca, mangia!Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,Butto tutto per terra, come ho buttato la vita.Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai saràLa calligrafia rapida di questi versi,Portico crollato sull'Impossibile.Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,Nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaraventoI panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,E resto in casa senza camicia.(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,Dea greca, concepita come una statua viva,O patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,O principessa di trovatori, gentilissima e colorita,O marchesa del Settecento, scollata e distante,O celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,O non so che di moderno - non capisco bene cosa -,Tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!Il mio cuore è un secchio svuotato.Come quelli che invocano spiriti invocano spiriti invocoMe stesso ma non trovo niente.Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,Vedo gli enti vivi vestiti che s'incrociano,Vedo i cani che anche loro esistono,E tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,E tutto questo è straniero, come ogni cosa.Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,E oggi non c'è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,E penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato, nè amato, nè creduto(Perchè si può creare la realtà di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);Magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la codaE che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.Ho fatto di me ciò che non ho saputo,E ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.Il domino che ho indossato era sbagliato.Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.Quando ho voluto togliermi la maschera,Era incollata alla faccia.Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio,Ero già invecchiato.Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.Ho gettato la maschera e dormito nel guardarobaCome un cane tollerato dai gestoriPerchè inoffensivoE scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.Essenza musicale dei miei versi inutili,Magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,E non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,Calpestando la coscienza di stare esistendo,Come un tappeto in cui un ubriaco inciampaO uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.Ma il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata ed è rimasto sulla porta.Lo guardo con il fastidio della testa piegata in malo modoE con il fastidio dell' anima che distingue male.Lui morirà ed io morirò.Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.Dopo un po' morirà la strada dov'era stata l'insegna,E la lingua in cui erano stati scritti i versi.Morirà poi il pianeta ruotante in cui è avvenuto tutto questo.In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla genteContinuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,Sempre una cosa di fronte all'altra,Sempre una cosa inutile quanto l'altra,Sempre l'impossibile, stupido come il reale,Sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,Sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè l'uno nè l'altra.Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),E la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.Mi rialzo energico, convinto, umano,Con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.Accendo una sigaretta mentre penso di scriverliE assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,E mi godo, in un momento sensitivo e competenteLa liberazione da tutte le speculazioniE la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti.Poi mi allungo sulla sediaE continuo a fumare.Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.(Se sposassi la figlia della mia lavandaiaMagari sarei felice.)Considerato questo, mi alzo dalla sedia.Vado alla finestra.L'uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.(Il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves! , e l'universoMi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso.

sabato 12 gennaio 2008

Capitolo XI, Oh partigiano, portami via...

Anche questa mattina mi sono svegliato, con questo sole stupendo di Aprile che tre mesi prima viene a benedire la mia esistenza ed i miei ormomi primaverili qui, in Barcelona... tre mesi prima, forse tra tre mesi non ci sarà un sole così bello, forse, qua a Barcellona, non ci sarò io.
Avrei voluto trovare L'Invasor questa mattina, al mio risveglio, ma trovo sempre e solo i miei pensieri puntuali... e io per ripicca, como que sono un anarchico e un palloso, li incollo qua, li esorcizzo in questo blog che, ora come ora, diventa un mettere le mani avanti.
Penso a Febbraio, il mese in cui non avremo più in casa Joana, Lars e Karen, tre persone con cui ho diviso tantissimo in questi mesi; penso al dottorato di psicologia che si riproporrà a breve qua in Spagna e poi in Italia; penso ai mille dottorati di Psicologia in giro per il mondo; penso al lavoro come psicologo che dovrei iniziare a cercarmi , ma non so se qua, in Italia o dove sia; penso al lavoro che ho ora, ai problemi e ai pregi, ben distribuiti.
Penso a Marzo al mese che in cui Nico forse se ne andà in Portogallo da Joana, alla voglia di continuare a visitare tutta la Spagna, alla voglia uguale di fermarmi qua in Barcellona e a quella di tornare a casa e stare vicino ai miei cari; penso che non so mai decidermi tra tre opportunità altrettanto importanti: tornare, restare, partire ancora -- nel luogo dove vivere come nel mio atteggiamento verso il lavoro, l'amore, la mia personalità, i miei ideali e abitudini (fermarsi così, cambiare, tornare ad essere quello di una volta).
Penso che voglio visitare tutta la Spagna, sì, ma anche il Portogallo, la Francia, l'Irlanda, l'Olanda, la Germania, la Norvegia, l'Europa dell'Est, la Russia... e poi la Cina, il Giappone, il Canada, il Messico... e questo solo perchè ho incontrato gente meravigliosa di questi posti (in genere) e che mi ha incuriosito sul luogo dove vivono, o perchè sarebbe interessante vivere là.
E nessuno di questi pensieri si riesce ad incastrare con gli altri; nessuna di queste vite, alle estreme conseguenze riesce a realizzare le altre, almeno in teoria.
Penso alla prossima estate in Italia, dove dovremmo incontrarci, a casa mia, da tutte le parti del mondo. Penso che l'estate è anche il momento migliore per viaggiare e chei soldi non sono moltissimi. Penso all'estate qua a Barcellona, che si annuncia stupenda come quella appena passata; alle feste nei terrazzi, ai barbecue, ai picnic nei parchi e alle discoteche. Penso alla faccia di Nico quando in metropolitana, tra le variopinte turiste mezze nude di Barcellona, abbiamo deciso di fermarci qua: avevo in testa un idea chiara, non sarei diventato psicologo se a questo non mi avrebbe portato la mia vita. Basta voler diventare qualcosa, mi stavo facendo imprigionare dal mio passato e avevo davanti un futuro fatto di sfaccettate possibilità, di incontri, di crescita, se avessi solo pensato al diventare psicologo la scelta era ovvia: tonrare a casa e non perdere tempo, perchè in questo caso, se la strada l'abbiamo già scelta, ogni deviazione è una perdita di tempo. E capii che io la strada non l'avevo già scelta, e stavo camminando per conoscere le strade.

Poi mi alzo, verso un po' di latte nei cereali e mangio, così riprende una giornata tanto stereotipata quanto tristemente precaria (una quotidianità illusoria e che durerà poco); ma ogni tanto mi fermo a pensare: e penso ad Aprile... allo stupendo sole di Aprile che stamattina è venuto a salutarmi e a benedire queste giornate in Barcelona.

mercoledì 9 gennaio 2008

Cabron Espiatorio, un post che non merita di essere scritto...

Avevo già pronto il delizioso capitolo XI di questo blog, si chiamava "oh Partigiano, portami via..." e raccontava, come sempre, di cose interessentassime (per il 99% inventate) (scherzo, scherzo, scherzo, vi prego non credeteci, vi prego, sono tutte vere!!!) accadute al fiero Cavaliere dalla Triste Responsabilità di Dittatore di Spagna (del mondo, forse) ed al suo prode scudiero, nonchè fratello, Gangia Puzza. (Forse i rimandi a Cervantes sono troppo difficili da cogliere, quindi lo cito esplicitamente, ok?)
Fatto sta che il capitolo XI dovrà attendere un po' perchè, mentre me ne andavo a fare la scheda medica (STO MALE, SOFFRO, NESSUNO MI AIUTA; POTREI ANCHE MORIRE --- SENTITEVI IN COLPA PIÙ DI QUANTO IO MI DEBBA SENTIRE IPOCONDRIACO) e ripensavo alle parti da inserire, mi sono ricordato un episodio che mi ha fortemente idignato quando stavo in Italia di cui voglio parlare.
L'ultima sera che stavo in Italia, credo, circa 5 ore prima della mia partenza, ho scoperto per puro caso che un mio amico, i cui interventi su questo blog mi fanno sempre un piacere ENORME, è stato criticato proprio per uno di questi commenti: più precisamente riguardo al fatto che si menzionavano le abitudini sbagliate, in quanto a droghe, di un altro nostro amico.
Vorrei dire due parole a proposito (e sappiate che quando inizio con "Vorrei dire due parole a proposito..." vuol dire che sono pronto a sfasciarvi le gambe...):
Il fatto che il ragazzo in questione abbia avuto una crisi cardiaca o respiratoria, indotta da una dose sbagliata o tagliata male pochi giorni dopo il post, ha dato adito ad un comportamento collettivo tipico di un paese di ignoranti quale quello in cui (in queste occasioni) mi vergogno di dire che sono cresciuto. Subito si sono cercati capri espiatori: Mosto (usiamo questo soprannome per il rispetto sulla privacy) sarebbe colpevole di aver scritto sul blog che questo ragazzo era passato ad altri giri e ad altre sostanze (scritta, per altro accompagnata da un amaro "no comment" che rivela l'intelligenza di Mosto, che si astiene da commenti banali o semplicemente di sorta, per dimostrare soltanto la sua delusione per la cosa); un altro amico (qui la privacy ci vuole) che non usa minimamente questa droga (che si chiama EROINA, non confondiamola con COCAINA, ECSTASY, ACIDI, CANNABIS o anche solo FARINA per assonanza) secondo autorevoli ed illuminate menti Montoresi gli avrebbe procurato la dose --- quando si sa benissimo che probabilmente se la procurava a Filottrano e con poca immaginazione si arriva a capire anche da chi...
Io penso che a M. non sia capitato niente irrimediabile, cinicamente parlando potrebbe anche essere una fortuna: aveva preso delle abitudini sbagliate, fin troppo facili da prendere quando la realtà di tutti i giorni è quella del lavoro, e di un paese ignorante, ingrato e con ragazze fredde come l'Italia e Montoro in particolare. Non esistono alternative sociali, non esistono esperienze forti, quali esperienze ti si aprono quando hai adottato un certo stile di vita? L'imprenditoria? Giusto quella. Allora mi drogherei anche io. La verità, cari montoresi seduti al bar a giocare a trucco, è che è fin troppo facile criticare la vostra gioventù che si droga; isolare dei capri espiatori per fatti come questo poi, individuando i montoresi "a rischio" (capirai, Mosto non fuma nemmeno le sigarette) serve soltanto a dire "noi siamo diversi", "le cause sono queste...", "la dinamica è questa..", "gli amici questi...": quando capita qualcosa del genere, tutta questa foga a colpevolizzare serve solo per prendere le distanze, per pensare che a voi o ai vostri cari non possa capitare... senza dubitare neanche un momento che paesi come Montoro, Filottrano, Osimo, Jesi (addirittura conosciuto in Italia e nel mondo per la droga) siano così a rischio droga proprio per questa mentalità CONTADINA che ci portiamo dietro, che isola le persone, non sa portare tanti altri divertimenti e stili di vita migliori della droga (certo, a qualcuno già morto da un pezzo, dentro questa mentalità, può anche non interessare la qualità della vità).
M. ha avuto la possibilità, senza subire danni fisici, di imparare una lezione importante; e io gli aguro di tutto cuore di impararla, non sarà in discesa per lui, ma da ciclista quale è, giovane e pieno di energia, credo che qualche salita potrà permettersi di affrontarla.

Al contrario di come si fa in paese, dove si sta tutti zitti e poi quando succedono casini si inizia ad alzare la voce e a puntare il dito, io credo che le cose bisogna dirle; anche solo per formare la base di un esperienza autentica che come ancora di salvezza mi sembra più palusibile del fanatismo e dell'ignoranza (la caccia alle streghe l'abbiamo abbandonata nel '600, l'olocausto da 60 anni, ma la zocca dell'ignorante rimane sempre un po' duretta eh?).
Credo inoltre che invece di cercare colpevoli e creare barriere psicologiche tra noi e questi fatti a volte farebbe bene chiedersi quali, tra i sentimenti che la vita di tutti i giorni ci riserba, se portati all'esasperazione o in certe circostanze specifiche, potrebbero avere conseguenze simili: avremmo tutti delle morali meno arroganti, assolute e più umane - e visto che già le morali umane sono difficili da seguire, quelle dicotomiche del bianco e nero mi sembrano solo per i cori da stadio.

Ho cercato di essere discreto; a M. e alla famiglia va il mio affetto e comprensione.
Altrettanto ai miei amici criticati per motivi idioti e illogici (grazie a Dio, essendo gente intelligente non se la sono presa).
A chi volesse ancora cercare un capro espiatorio specifico, chiedo solo di prendere il biglietto e mettersi in coda, il mondo è pieno di imbecilli.

Un ultima cosa: critiche ai post del blog o ai commenti, andrebbero fatte, se non in primis, almeno di pari passo anche su questo blog; non tollero che uno spazio MIO venga utilizzato per attaccare, esclusivamente dal di fuori, chi ci scrive. Grazie.