lunedì 31 marzo 2008

Capitolo XIII, Aprile: dolce farsi del male (ontogenesi di una catastrofe).

Rileggo solo ora il post di tre giorni fa: niente di più scritto male ed allo stesso tempo predittivo era uscito dalle mie mani prima.
Mentre scrivevo quelle pagine, da un'altra parte, in un altra discoteca da quella dove sarei andato io, si consumava la fine della "storia affettiva" più lunga che avevo avuto a Barcellona. Niente di chè per carità: una ragazza molto carina per me e abbastanza in gamba, che avevo, ripetutamente e contro ogni mio principio, cornificato. Lei si era molto attaccata a me e io le avevo detto di non farlo, questo non bastava a condurmi forti sensi di colpa dopo ogni volta che le cedevo e ci rivedevamo. Quella sera avevo scritto che non sappiamo mai da dove arriva il cambiamento e molto spesso è dove non vorremmo cambiare. Dopo un paio di mesi in cui ci eravamo visti poco più di una decina di volte (e fatto dello stupendo sesso, anche se non il migliore in vita mia) finalmente lei in discoteca baciava un altro ragazzo. La cosa mi ha ferito nell'orgoglio, come potrebbe fare ad ogni essere umano che abbia il coraggio di ammetterlo; ma al di là di questo, di primo acchitto, sentivo di aver risolto un problema. Ora, se mai fosse continuata la nostra relazione, lei ne aveva inteso il carettere che gli volevo dare (ossia saltuari incontri dove si passa del bel tempo insieme facendo ogni sorta di attività benefiche).
Peccato che poco dopo questa sensazione finì; mi resi conto che ero stato ancora uno stupido, che probabilmente il fatto di apiccicarsi era un gioco che usava questa ragazza per vedere fino a che punto riusciva a trascinare dietro la sua idea di relazione un uomo forte e libero come le ero apparso io (anche se non lo sono). La ferita nell'orgoglio si stava lacerando.
Mi resi anche conto che sono uno psicologo e non avevo inteso niente ancora una volta di una persona. Che avevo fatto 7 mesi di storielle varie per finire sempre come il solito coglione sotto i soliti meccanismi. Che avevo fatto una storia di 7 anni e di dinamiche basiche di coppia miero scordato tutto. La ferita nell'orgoglio era una voraggine.
Per ultimo la devastante consapevolezza che la situazione si era generata per una mancanza di forza nelle mie posizioni e in quelle che mi consigliavano i miei carissimi amici che mi stavano vicino, non solo avevo mancato di forza, ma col tempo mi ero anche fatto aggiogare al punto da provare sensi di colpa quando mi prendevo i miei spazi.
La ferita nell'oroglio era letale. Mi ero comportato da innamorato senza esserlo e dicendo tutto il tempo di non esserlo, stavo soffrendo come un innamorato, ma la ragazza non mi aveva mai fatto innamorare (salvo in alcuni momenti durati 10-15 secondi).
L'orgoglio non esisteva più.

E così mi trovavo senza un lavoro e senza nessuna relazione ingarbugliata. Senza soldi. Senza Nico che mi dava un forte senso di famiglia e che non riuscivo a sentire da 2 settimane (CAZZO DI UN FRATELLO, non dico chiamare, almeno essere reperibile. Ma ormai tutti quelli che lo conoscono dicono la stessa frase: "Lo sai, Nico è così!". E ci capiamo tutti al volo).
Come sempre avevo delle risorse; per questo decisi di tagliarle: tagliai con tutte le ragazze che stavo sentendo. Tagliai con tutte le offerte di lavoro che avevo in sospevo.
Niente mi stava piacendo. Erano mesi che volevo tagliare col lavoro, con le ragazze, forse anche con Barcellona.
Ma per capirlo dovevo taliare col lavoro e con le ragazze prima. Grazie a un paio di cambiamenti repentini, e consguenti traumi per la mia struttura della personalità, finalmente ce l'avevo fatta.
Non ero stanco di Barcellona, ma non ero neanche più felice. Il giorno che se ne andò Karen, la nostra compañera Olandese, piangemmo e io sentii che questa città per la prima volta era mia; ci avevo pianto dentro, qualcosa ci era morto dentro (già era accaduto pochi giorni prima, con Joana e Lars, ma ora me ne davo conto pienamente). Ora sentivo di più: sentivo che questa città non mi stava offrendo niente per la prima volta.
Sì, avevo I MIEI MITICI COMPAGNI DI PISO, ANTO, amici, colleghi, robe varie... posti, cose... ma questo era "dato", di potenziale invece non ce ne vedevo più.
Non volevo lasciare la mia musa Barcellona, e le stavo lasciando ancora un paio di mesi di opportunità (come un amante che sa perdonare); nel mentre aspettavo il sole, la resurrezione del mio orgoglio tre giorni dopo, forte e ostinato come sempre, e cantavo, con il pensiero della mia cara Barcellona nella testa, una canzone che le dedicavo con tutto il mio animo ferito:

Quando ti ho vista arrivare
bella così come sei
non mi sembrava possibile che
tra tanta gente che tu ti accorgessi di me.
È stato come volare
qui dentro camera mia
come nel sonno più dentro di te
io ti conosco da sempre e ti amo da mai.
Fai finta di non lasciarmi mai anche se dovrà finire prima o poi
questa lunga storia d'amore
ora è già tardi ma è presto se tu te ne vai.
Fai finta che solo per noi due passerà il tempo ma non passerà
questa lunga storia d'amore
...
Ora è già tardi ma è presto se tu te ne vai
È troppo tardi ma è presto se tu te ne vai.

venerdì 28 marzo 2008

Capitolo XII, L'eterno ritorno...

Non ho mai compreso bene l'esigenza del ciclico e dell'eterno ritorno in filosofia; a mio avviso si basa su uno sfericentrismo inutile quando si parla di infinito (che senso ha trovare una forma nell'infinito se non quella infinitimente amorfica e ordinata degli infiniti infiniti di Cantor? ma mi rendo conto che questa parentesi sarà compresa solo da matematici che impazziranno prima dei 40 anni, come Cantor, quindi trascuratela). Diciamo molto semplicemente che i teorici dell'eterno ritorno, o della spirale, mi sono sempre sembrati degli enormi romantici che credono che le cose siano destinate a ripetersi semplicemente perchè "tutto scorre", senza intendere che il "tutto", "scorre", ma non scorre su qualcosa, scorre e basta.
Questa premessa filosofica, molto intricata e che vi sembrerà frutto di un cattivo viaggio sotto effetto di droghe, in realtà nasce da una cattiva condizione di vita. Per vedere il perchè, rimpiccioliamoci come Alberto Angela ed entriamo nel corpo umano del primo capitato, dopo, senza aver ancora una minima idea di dove ci troviamo e che stiamo facendo, ringrandiamoci come Alberto Angela e distruggiamo il corpo ospite; in fine leggiamo alcuni passi della fantastica avventura di come accadde che divenni Re di Spagna:

A quei tempi avevo lasciato il lavoro di superer(r)o(r)e delle stampanti . Un bel giorno, tornato a casa dopo l'ennesima incazzatura sul lavoro, mi ero reso conto che questo non era quello che io stavo attualmente cercando dalla mia vita, e che non avevo nemmeno intenzione di aspettare ulteriormente per ottimizare il mio futuro: non desideravo una carriera in una compagnia di attenzione al cliente, il mio obiettivo attuale era quello di fare piccole eterogenee esperienze che mi avrebbero arricchito nel presente, in vista di fermarmi un giorno, volevo appagare quanto più potevo della sete che avevo del mondo.
Così iniziai a cercare un nuovo lavoro e a vivere di alcune storie affettive più o meno ingarbugliate: c'era di nuovo eterogeneità nella mia esperienza ma non era più interessante come prima. Forse il fatto che Nico se ne era andato, forse che il sole di Aprile non prometteva poi così bene come prometteva a Gennaio.
I nuovi compagni di casa erano gente davvero super interessante, ma mi stavo rendendo conto che un giorno avrei dovuto salutarli, come avevo fatto con Joana, Lars, Kareen... Nico, e questo iniziava a pesarmi; avevo scelto una vita di cambiamenti rapidi e ora ne vedevo anche gli aspetti negativi, benchè non avevo intenzione di tornare alla vita dei cambiamenti lenti, quella vita italiana dove le cose si muovevano in un palcoscenico che conoscevo a memoria.
Come sempre i dubbi facevano da padroni: che lavoro scegliere, quanto fermarsi ancora a Barcellona; il punto era piuttosto semplice: Vuoi fare carriera in psicologia? Cercati un dottorato. Torna in Italia, parli tre lingue fluidamente e sei un dotato naturale di statistica e computer, oltre che psicologo, vuoi che non trovi un Lavoro del Cazzo? Vuoi una fidanzata? niente di più semplice, hai anche diverse opzioni per la prima e, forse, unica volta in vita tua. Vuoi continuare a viaggiare? i soldi che hai ti bastano per ripartire e sistemarti un attimo ovunque; a maggior ragione puoi raggiungere Nico e scoprire il Portogallo, oltre a continuare quel viaggio incantato che avevate deciso di intraprendere insieme.
Ma non so perchè, niente di tutte queste opzioni rispecchiava quello che stavo facendo nella vita: vivere precariamente a Barcelona, con poco entusiasmo nelle storie e nel lavoro, aspettando ancora di essere Re di Spagna. Stavo seguendo su un binario che non era contemplato in nessuna delle mie rotte, e sentivo che la benzina stava finendo. Speravo che l'arrivo dell'estate risvegliasse il mio corpo. Ci speravo sul serio. Nel frattempo avevo ridotto l'uso di cannabis e aumentato le ore di sonno, per rimettermi totalmente in forma mi mancanva solo il kung fu... ma ce l'avevo in piano (quindi non l'avrei fatto, ma mi accontentavo per ora).
E nel frattempo i filosofi nelle orecchie mi parlavano dell'eterno ritorno, dell'impossibilità concreta e reale di un cambiamento; che idiozia, noi, come coscienze storiche, siamo segmenti di infinito, abbastanza limitati anche: perchè avrei dovuto pensare che alla fine di tanto girare ero sempre rimasto lo stesso? Perchè pensare che i problemi ciclicamente si ripresentano da soli? Il fatto è che non si tratta di un ciclo. Il fatto è che io, da 27 anni, non avevo la minima idea di cosa avrei fatto il giorno dopo. Come quando ero partito dall'Italia, ma con meno speranza e più malinconia. Questo ero arrivato a essere, da questo punto partivo in quel momento, senza sapere dove mi sarei mosso. Coerente, consapevole.
Non esiste la necessità di un eterno ritorno: ogni cosa è in perenne mutamento e allo stesso tempo immobile, ma sotto due ottiche diverse. Come direbbe Guccini: son sempre lo stesso, sempre diverso.
Per questo in quel periodo non volevo scrivere nel Blog, perchè ero colmo di contenuti, ma sentivo che le fessure che si aprivano nei miei pensieri, verso gli altri, erano detatte dall'esigenza e non dall'estetica: come una sfera troppo carica di acqua che apre delle crepe dove la sua maglia di rete ha delle debolezze e non dove vorrebbe per far prendere al flusso di acqua il giusto corso. Non potevo ancora parlare agli altri, da una condizione in cui tutto cambiava rapidamente di significato giorno dopo giorno, a volte assumendo significati differenti, a volte tornando sugli stessi, ma non necessariamente: fanculo l'eterno ritorno, il nostro cervello finito non può rappresentare l'infinito e il circolo è il concetto che gli riesce meglio per farsene un immagine, ma non confondiamo l'infinito con il circolo.
Sapevo che sarei cambiato, che continuavo a cambiare molto velocemente e che molto spesso cambiavo in cose in cui non volevo e non cambiavo in cose in cui volevo cambiare. Per questo non credevo all'eterno ritorno.