mercoledì 7 febbraio 2007

Midnight solo

Serata musica e parole.
Io ed un mio amico: io a questa tastiera, che non produce suoni ma sensazioni; Ani alla sua chitarra che non produce suoni, ma sensazioni.
Dalle nostre mani esce la voglia di comunicare, filtrata da una stanchezza che viene dalla giornata lavorativa, una stanchezza di secoli, perchè, come dice Ani, anche la vita è un lavoro.
Come tutti i chitarristi, Ani cerca nelle vibrazioni del suo timpano le vibrazioni del suo pensiero, e continua a provare lo stesso giro, fino alla soddisfazione (che non significa perfezione); io cerco in un giro di parole, l'accordo perfetto tra vocabolario e immaginario, la dissonanza cognitiva, la pausa riflessiva, il significante melodico di un significato stonato.
... e guardo alla mia vita, come ad un nastro adesivo di cui ho perso il capo, continuo a rigirarla sotto il mio sguardo alla ricerca del punto in cui l'ho appena fnita di utilizzare. Dov'è quel piccolo squarcio maledettamente adesivo, appiccicato così bene da non lasciare ogni fessura alla lucida analisi di una mente allenata?
... va pensiero sull'ali dorate, ma mi raccomando, torna a casa presto!

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Pesi.

Verso i venti e qualcosa anni qualcuno che passava di lì mi disse: "Scusi, potrebbe reggirmi questo un momento?"
Aveva l'aria davvero perbene. Non me la sono sentita di buttare per strada la sua incudine ACME 150 Kg. Me la tengo ben afferrata tra le spalle.
Viaggio verso il sempre più pesante, sempre meno libertà, sempre più responsabilità. Perché?
- Perché aspetti, e non scegli. Quando uno sceglie quello che vuole è libero.
Cosa voglio? Cosa voglio cosa voglio cosa voglio cosa voglio cosa voglio
E' lo stesso è lo stesso è lo stesso è lo stesso

Andrea Cazzo ha detto...

Ah, che bell'intervento! Spero di aver capito bene, e che il titolo di questa riflessione "pesi" sia un sostantivo, e non un verbo in seconda personale singolare... altrimenti dovrei rivedere i miei contenuti, che lo ammetto, non sono leggeri.
...ed eccoci arrivati ad una delle discussioni che ha fatto da mamma a questo blog: il senso di responsabilità, la voglia di esprimere e realizzare qualcosa che ritragga più dignitosamente le nostre capacità... forse... riduncendola all'osso... una battaglia contro il tempo che passa ed il modo in cui passa.
Le ultime tre frasi che hai scritto, Anto, contengono un rischio di ragionamento logico deduttivo: se si sceglie quello che si vuole si è liberi, ma non si sa cosa si vuole. Di conseguenza sembra impossibile affrancarsi, finchè ci si trova in questa condizione. O si capisce cosa si vuole (per me è ottuso chi crede di saperlo) o non si può scegliere, non si può lottare per averlo, non si può stare bene.
In realtà io credo che ci si possa allontanare da questo loop vizioso falsificando una premessa: non è vero che scegliendo ciò che vogliamo siamo liberi. Anzi forse è la peggiore delle schiavitù se la nostra sceltà è fatta inconsapevolmente delle alternative. La libertà viene prima, viene dal poter scegliere e non dalla sceltà.

Anonimo ha detto...

Information overload.
Ovvero perché mi piace tanto solo chitarra e voce.

In geometria dei poligoni con più di otto/dodici lati non gliene frega un cazzo a nessuno. Nei teoremi di analisi I si passa direttamente dai tre / quattro elementi alle serie infinite.
C'è troppo di tutto in giro, e l'illusione di esserne fuori e poter allungare una mano e scegliere qualsiasi possibile vita futura come un pacchetto di patatine ondulate da un distributore di snack.
Quello che volevo dire a proposito dell'essere liberi scegliendo ciò che si vuole era: il compromesso con se stessi è libertà.
Non scegliere, non cercare e di conseguenza non scoprire ciò che si vuole è restare nel limbo, il limbo del tutto in potenza. Mentre gli anni passano, e ancora c'ho la faccia di un ventenne e di anni ne ho quasi ventisette.
Vita light. Musica soft.

Tipico. Dice: la montagna è una ma i sentieri per scalarla sono molteplici. E non riesco ad appassionarmi a nessuno. Tutti mi attraggono, non c'è bisogno di aggiungere metafore (ognuno offre un distinto panorama, distinte difficoltà e incontri possibili lungo il cammino).
E il mondo rutilante segue innanzi e ogni tanto qualcuno mi trova per strada e mi tira dentro. Ci vuole poco a convincermi. Come un enzima faccio quello che posso con ciò che mi trovo davanti, dove mi mettono vivo. E sorrido. E mi diverto con quello che c'è.
Senza spina dorsale. Come una pianta rampicante, com'è la vite, che può dare buoni frutti se ben governata e piantata su terreni poveri con un buon drenaggio ed esposizione sud/sud-est.

Andrea Cazzo ha detto...

La risposta al commento stava venendo troppo lunga: per evitare di allungare troppo il commento, ti rispondo col prossimo post.